Anni ’80, Billie Jean, un affare finito male, famiglie rivali. Questo e molto altro ancora è Grand Theft Auto (GTA): Vice City, sviluppato da Rockstar North. Un titolo che fa respirare, attraverso ogni suo piccolo dettaglio, il periodo storico in cui è ambientato. Tutto il sapore tipico di una Miami fittizia, ma assai verosimile, con tanto di ispirazioni dal panorama cinematografico e pellicole in particolare come Scarface o alla serie TV, Miami Vice. Ai tempi aveva anche il grosso fardello di essere il seguito di un prodotto che, in un modo o nell’altro, aveva cambiato il modo di vedere ed intendere il videogioco, con i suoi pro e contro: Grand Theft Auto III.
Senza troppi giri di parole, GTA: Vice City supera in toto il suo predecessore, migliorando la formula di gioco ed arricchendo totalmente il pacchetto. Ed è proprio con la produzione in questione che Rockstar Games ha cominciato a dare un’impronta assai più cinematografica ai suoi lavori, con un’interpretazione dei vari personaggi sempre ben costruita ed una caratterizzazione solida; il tutto condito da dialoghi irriverenti, frizzanti, divertenti, folli e fuori di testa.
Welcome to Vice City
Tutto inizia con un affare concluso male. Tommy Vercetti, protagonista delle vicende, dopo quindici anni rinchiuso al fresco, cerca subito di rimettersi in carreggiata per tornare nel giro. Finisce però vittima di un’imboscata e non si darà per vinto finché non scoverà i responsabili. Tuttavia, non deve soltanto farsi strada tra malavita e delinquenza, ma anche tenere a bada il suo vecchio boss: Sonny Forelli, infuriato per il malloppo andando perduto. Il capo della famiglia Forelli, in segno della loro lunga amicizia, decide comunque di dar del tempo per far sì che Tommy possa mettere le cose a posto.
Da qui in poi, Vercetti avrà a che fare con molti personaggi di una certa importanza del giro malavitoso. Troverà nuovi contatti (amici, ma soprattutto nemici), affronterà avversari temibili, con l’obiettivo non solo di mettere le cose a posto, ma di far sua l’intera città, cercando di diventare il numero uno sulla piazza.
Insomma, un’impronta narrativa tipica dei film gangster con varie ispirazioni qua e là, ma comunque non priva dell’impronta tipica Rockstar e con piccole trovate interessanti ed anche qualche gustoso colpo di scena.
Fuoco e fiamme in città
In GTA: Vice City saremo chiamati in causa principalmente ad affrontare delle missioni, molte delle quali principali ed alcune secondarie che non vanno ad influire sull’avanzamento della storia, ma fanno conoscere diversi retroscena comunque importanti per la fruizione generale del gioco e per avere il quadro completo di tutto il background narrativo del prodotto firmato Rockstar Games.
Il titolo, come da tradizione del brand, è in salsa free roaming, permettendoci di fare un po’ tutto quello che vogliamo e che non faremmo mai nella vita reale (occhio però che se poi commettete un omicidio secondo le autorità la colpa poi è di GTA). Rubiamo veicoli nel pieno rispetto del titolo in copertina, ammazziamo i pedoni, criminali o gli stessi agenti di polizia e molto altro ancora. Questo, però, non è lo scopo del gioco, ma solo una possibilità offerta dallo stesso. Tra l’altro, così come possiamo comportarci da spietati assassini, allo stesso tempo possiamo decidere di aiutare le autorità, eseguendo missioni extra quali vigilante, infermiere e pompiere. Mica male per un criminale, no? E per di più, sempre in maniera facoltativa, potreste decidere anche di lavorare come fattorino per una pizzeria o come tassista (c’è anche una compagnia di taxi acquisibile ad un certo punto del gioco). Insomma, tutto questo non è lo scopo di GTA: Vice City, ma è comunque il cuore della produzione per offrire un senso di emancipazione, soprattutto per i tempi, davvero esplosivo. Non aspettatevi la libertà spirituale e la profondità di uno Shenmue, anche perché, per quanto sia affascinante e pietra miliare dell’industria videoludica, Grand Theft Auto ha sempre puntato tutto sul divertimento e sullo svago totale, nonché su aspetti opposti alla produzione SEGA.
Certo, non è purtroppo da escludere che una buona fetta di videogiocatori usufruisca del prodotto solo per del sano e puro cazzeggio. Ciononostante, questo non è colpa del titolo, ma di come viene approcciato da ogni singolo individuo. Se è pur vero che in Vice City nessuna attività, in termini videoludici, sia approfondita ai massimi livelli, è anche vero che non è quello che il gioco cerca. Sarebbe stato davvero più bello se il sistema di guida fosse stato quello tipico dei vari driving game o se il sistema di shooting non avesse avuto nulla da invidiare ad un TPS qualsiasi? La risposta, probabilmente, è no. GTA: Vice City è apprezzabile proprio per il suo essere totalmente ignorante ed immediato, non necessitando di chissà quali abilità videoludiche per essere giocato. Occhio, però, che la bravura premia sempre e comunque: la semplicità di azione non equivale a difficoltà bassa. Non per altro ci saranno svariate missioni, principali e non, che necessitano tanto allenamento se non si è predisposti a determinate abilità. Bisogna saper sfuggire alla polizia se si è inseguiti, altrimenti ci becchiamo l’arresto. Dinanzi a molteplici nemici, è necessario comunque affrontarli con un po’ di logica, altrimenti ci ammazzano seduta stante ed essere riflessivi è ancor più importante se non si hanno con sé molte armi a disposizione.
GTA: Vice City è un parco di divertimenti di svariate attività, ma è anche un gioco che della sua ignoranza fa il suo punto di forza. Non mancano però elementi secondari, facoltativi (ma utili al 100%), che faranno la gioia dei perfezionisti. Tra le tante cose da fare ci saranno acrobazie folli uniche, missioni di violenza nascoste che ricordano un po’ i giochi di natura arcade, pacchetti speciali da trovare e svariati veicoli che attivano una missione; tra questi vi è un piccolo furgoncino, Top Fun, che ne attiva di peculiari con veicoli radiocomandati.
Tutto questo arricchisce l’esperienza complessiva, ma lo scopo principale rimane sempre seguire la storia. I due elementi fungono solo se a stretto contatto. Darsi allo svago senza meta è indubbiamente divertente, ma solo a piccole dosi. Alla lunga potrebbe stancare. Stesso dicasi per le attività secondarie e la ricerca dei collezionabili, sebbene sia manna dal cielo per quel tipo di videogiocatore che ama perdersi nei vari punti della mappa e cercare tutto quel che manca per incrementare la percentuale complessiva del titolo. In ogni caso, tutto è più divertente se intervallato con le missioni primarie che portano avanti la storia. Anche perché è proseguendo nel gioco che si sbloccano mano a mano ulteriori elementi che vanno ad arricchire l’offerta ludica. Svolgendo anche le attività extra, saremo avvantaggiati nel proseguimento della storia, poiché avremo armi, soldi e veicoli (ce ne sono alcuni unici disponibili solo in determinati momenti o missioni, quindi se siete dei maniaci di perfezionismo, provvedete a salvarli in qualche vostro garage). Occhio a non farsi arrestare o morire, però, in quanto questo comporta la perdita di tutte le armi acquisite. All’inizio può rivelarsi un grave problema, ma nelle fasi avanzate del gioco lo è sicuramente meno, poiché il giocatore ha abbastanza soldi per ricomprarne tante, una volta sbloccate, nonché di andarle a prendere nei posti in cui esse son nascoste.
Parlando delle missioni principali, bisogna dire che Vice City è indubbiamente il capitolo che ne presenta tra le più belle mai realizzate nella serie. Sebbene in un gioco come GTA V sia stata migliorata ulteriormente la componente cinematografica e si utilizzino tre personaggi, esso resta comunque sprovvisto un po’ di quella follia tipica dei capitoli del passato (radicata solamente in Trevor), cominciando ad essere meno marcata proprio da San Andreas in poi. Come dimenticare la missione in cui farsi strada tra i tetti dei palazzi e grattacieli della città con la moto? Oppure, quella bellissima all’interno della villa di Diaz.
GTA: Vice City è il primo capitolo che si avvicina alla riproposizione cinematografica, ma al contempo mantiene lo spirito tipico dei primissimi capitoli del brand. Il connubio perfetto che lo rende, almeno agli occhi di chi vi scrive, il miglior capitolo mai concepito e realizzato della serie Grand Theft Auto.
Dagli anni ’80 con furore
Altro punto forte di Vice City è la scelta dell’ambientazione. Gli anni ’80 sono riproposti in una maniera a dir poco fantastica, con veicoli, colori e strutture tipiche della Miami di quei tempi. Il tutto è realizzato con cura, classe e dedizione, accompagnato da una colonna sonora sgargiante. I brani che è possibile ascoltare nei vari veicoli attraverso le fittizie emittenti radio del gioco o in alcune cutscene specifiche sono davvero incredibili. Ci sono i più grandi classici degli anni ’70 e ’80 tra cui Wanna Be Starting Something e Billie Jean di Michael Jackson, Pale Shelter dei Tears for Fears, Self Control di Raf (nella splendida versione dell’ormai compianta Laura Branigan), Gold dei Spandau Ballet e così via.
Tecnicamente, il gioco è di notevole livello, considerando anche si tratti di un titolo uscito nel 2002. I veicoli riproposti sono tanti e tutti caratterizzati da un solido design e l’intera Vice City, divisa in due grandi macro-aree, è una città ottimamente realizzata, richiamando moltissimo la Miami che vuol rappresentare e ritroviamo tutto ciò che serve: Ammu-Nation dove comprare le armi, il North Point Mall che è una sorta di centro commerciale, il cantiere navale, la disco e svariate attività da acquistare.
I personaggi principali sono tutti variegati e anche verosimili, sebbene molto stereotipati. Discorso diverso per gli NPC di cui abbiamo diverse versioni che però vengono poi riproposti in maniera identica. Tuttavia, anche in questo caso, avere personaggi non giocanti tutti diversi e unici avrebbe avuto poco senso, considerando che poi potremmo decidere di fargli saltare la testa in un nanosecondo, oppure commettere delle vere e proprie stragi. Sarebbe stata quindi una varietà poco funzionale dal punto di vista del gameplay, soltanto bella da vedere. Tuttavia, i personaggi sono sì tutti uguali, ma, come dicevamo, realizzati in svariate versioni: ritroviamo i ladri, l’uomo d’affari, l’operaio, il tipo figo e così via. Nonostante un numero di NPC considerevole, caratterizzato da un solo personaggio per tipologia, ritroviamo comunque una città viva e verosimile. I passanti possono ricreare varie situazioni di gioco: alcuni inseguiti dalla polizia che possiamo anche decidere di aiutare ad acciuffarli (oppure, perché no, aiutare il malvivente); altri alla guida folle e forsennata o ancora alcuni che tenteranno di rubare il vostro veicolo (fate quindi sempre attenzione). Allo stesso modo, i vari NPC reagiranno in maniera diversa alle nostre azioni. C’è chi reagisce se viene attaccato, oppure chi scappa. Tanto per fare un esempio.
Rockstar North, nel 2002 ha realizzato un titolo ancora oggi divertente ed immediato da giocare, un po’ invecchiato da alcuni punti di vista, poiché oggi siamo abituati a ben altro. Eppure, risulta tuttora affascinante, nonché un titolo di gran spessore che merita di essere giocato, almeno una volta nella vita. Se qualcuno non avesse mai vissuto l’esperienza di un GTA, questo, nel bene e nel male, sarebbe probabilmente il capitolo più adatto per avvicinarsi a questa saga.

Appassionato di videogiochi sin dalla tenera età di 3 anni, scrive per il settore dal 2010 e da allora non si è più fermato. Nutre amore profondo per Nintendo ed i suoi brand, in particolare per quello di The Legend of Zelda. Col tempo, però, ha conosciuto e scoperto tante nuove produzioni, sia odierne che del passato, affinando i suoi gusti e la sua cultura videoludica. Nel tempo perso, ambisce a diventare un game designer ed un compositore-musicista, ma restano sogni chiusi nel cassetto... almeno per ora!