Retro Weekend: Zone of the Enders
La passione per i robottoni del designer giapponese esplode in quest’opera per PlayStation 2
La scorsa settimana vi ho parlato un po’ di Boktai: The Sun Is In Your Hand, brillante opera che nasce dal concept di Hideo Kojima per Game Boy Advance e sfrutta un particolare sensore solare sulla cartuccia. Il motivo per cui vi scrivo dei lavori di uno dei più influenti game designer dell’industria videoludica è per riscoprire l’autore dietro l’acclamata serie di Metal Gear Solid, in occasione del periodo Death Stranding. Oggi è quindi il turno di Zone of the Enders, il gioco con cui chiuderemo il cerchio, sebbene ci siano altri titoli di cui parlare come Snatcher e Policenauts o il ruolo di supervisore produttore che ha svolto in giochi come Castlevania: Lords of Shadow. Non siamo però qui per rivivere tutto il percorso creativo di Hideo Kojima, ho solo scelto due opere in particolare per evidenziare che il designer giapponese non ha realizzato soltanto Metal Gear Solid come spesso erroneamente si tende a pensare.
Zone of the Enders è un titolo che, come Boktai, nasce da un concept di Hideo Kojima, sebbene non ne curi il game design a differenza di quest’ultimo, ricoprendo solamente le vesti di ideatore e producer. I mecha, la filosofia, la fantapolitica e tutti quegli espedienti narrativi del buon Hideo non mancheranno di certo, ma come per il titolo GBA di cui vi abbiamo parlato nello scorso Retro Weekend, la sceneggiatura è scritta a quattro mani da altri autori: Noriaki Okamura, che ricopre anche il ruolo di director, e Shuyo Murata, fondamentale per la realizzazione del sequel. Perché parlare infatti solo del primo Z.O.E. e non del seguito, The 2nd Runner? Per il semplice fatto che è frutto di un lavoro totale di Murata che prenderà in mano le redini della produzione. Okamura passa infatti il testimone e quindi nel secondo episodio il buon Murata si occuperà non solo del racconto, ma anche della direzione. Lo stesso Kojima, ai tempi alle prese con Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty, invitò la Konami dei bei tempi che furono a investire sul sequel ideato dal suo collega, facendo anche presente che lui non c’entrava nulla nello sviluppo e che fosse tutto merito di Murata. Di solito il celebre game designer nipponico viene descritto come egocentrico, eppure ci ha tenuto a precisare che The 2nd Runner fosse totalmente opera di Murata. Il resto son chiacchiere da bar.
Meraviglia videoludica spaziale
Siamo nel 2149, la Terra non è più un posto ideale per vivere a causa di sovrappopolazione e altri problemi. Viene così terminata la colonia spaziale di Antilia, per dare nuova speranza e luce all’umanità. La colonia viene però attaccata nel 2172 dagli Orbital Frame ribelli. Il giovane Leo, di soli quattordici anni, si ritrova coinvolto in una guerra che non gli appartiene. Dinanzi ai suoi occhi, la morte dei suoi amici. Sconvolto e terrorizzato, il ragazzino finisce accidentalmente a bordo di uno Jehuty, uno splendido e agile mecha con il quale dovrà affrontare tutti i robot ribelli per salvare la colonia, l’umanità; in un primo momento Leo è titubante, ma non avrà scelta. Così si apre lo scenario di Zone of the Enders in un’avventura che prende senza dubbio ispirazione dagli anime e manga giapponesi a tema, di cui lo stesso Kojima ne è un grande appassionato (curioso notare che Otacon in Metal Gear Solid ammetta di essere un otaku, come se la personalità fosse riversata nel personaggio). Impeccabile ed unico il tratto di Yoji Shinkawa; decisamente inconfondibile. Un elemento in più per l’appeal del gioco. I mecha realizzati dall’artista giapponese sono meravigliosi e per chi viene (o veniva, ai tempi) dall’epopea di Snake non può non riconoscerne lo stile.
Quello che colpisce ancor di più di Zone of the Enders è la fluidità e immediatezza tipica dei giochi arcade. L’opera Konami risulta ancora oggi avvincente e adrenalinica da giocare, invecchiata quasi per nulla, se non in alcuni aspetti tecnici, ma pad alla mano regala lo stesso feeling del 2001. Diversi anni fa i due Z.O.E. sono stati rilasciati anche per Xbox 360 e PlayStation 3 in una Collection HD e bisogna far presente che le remastered si difendono più che bene, ad eccezione dei filmati con i modelli poligonali 3D, tipici di quegli anni. Il team di sviluppo opterà infatti per uno stile anime in cel-shading nel sequel, molto più godibile sia ai tempi che allo stato attuale. Controllare lo Jehuty è pura goduria ed è possibile esibirsi in attacchi melee ravvicinati e da fuoco dalla distanza con una progressione delle tecniche e più tipologie di colpi. Tra dash e schivate aeree, battaglie frenetiche, boss battle memorabili, un racconto coinvolgente, Zone of the Enders regala un’esperienza favolosa, divertente e con un alto tasso di sfida (soprattutto alle difficoltà più alte). L’unico neo della produzione ideata da Kojima è una leggera ripetitività di fondo, ma non si accusa del tutto poiché il gioco non dura più di 5 orette (poco meno se lo si conosce bene). Una longevità per alcuni versi scarsa, ma contestualizzata al tipo di prodotto rimane più che valida, efficace per trasmettere tutta la bontà dell’opera.
Sebbene i filmati in 3D non siano il massimo da vedere, la regia rimane comunque impeccabile, pur non essendo farina del sacco del papà di Metal Gear. Certe scene risultano davvero toccanti e il racconto nel suo semplice setting offre tanti spunti di riflessione e una profondità non indifferente (che esplode nel sequel sotto la guida di Murata). Ad enfatizzare il tutto ritroviamo una colonna sonora straordinaria, capace di toccare le corde emotive giuste nei momenti di spessore e a pompare l’adrenalina negli scontri con gli altri mecha. Zone of the Enders è un prodotto di tutto rispetto e merita senz’altro di essere riscoperto da chi ancora non ha avuto modo di giocarlo (insieme al seguito). Oltre agli originali PlayStation 2 c’è la possibilità di recuperare la Collection HD succitata (quella Xbox 360 retrocompatibile con One); del secondo episodio è anche uscita una riproposizione per PlayStation VR. I modi per (ri)giocarli ci sono e il consiglio è di non lasciarsi scappare questa serie sui mecha giapponesi, molto probabilmente una delle migliori nel suo genere. Un titolo che ai tempi fece sognare.
Anche se non riguarda il primo Zone of the Enders nello specifico, l’opening dell’HD Collection è troppo bella per non postarla.

Appassionato di videogiochi sin dalla tenera età di 3 anni, scrive per il settore dal 2010 e da allora non si è più fermato. Nutre amore profondo per Nintendo ed i suoi brand, in particolare per quello di The Legend of Zelda. Col tempo, però, ha conosciuto e scoperto tante nuove produzioni, sia odierne che del passato, affinando i suoi gusti e la sua cultura videoludica. Nel tempo perso, ambisce a diventare un game designer ed un compositore-musicista, ma restano sogni chiusi nel cassetto... almeno per ora!